lunedì 9 aprile 2012

Parla Susanna Mazzeschi

Buongiorno a tutte; 
sono Susanna, consulente di management, coach e counselor. Da tanti anni mi occupo del mondo aziendale e confesso che fino ad ora ho sempre avuto molte resistenze a effettuare progetti organizzativi e di formazione su tutto ciò che è “diversity”, con particolare riferimento alla “gender diversity”. 
L’idea che mi ha sempre frenato in questa direzione è che quanto più si sottolinea, con attività specifiche a sostegno e riconoscimento, qualcosa che non dovrebbe esistere (per l’appunto lo squilibrio  legato alle differenze di genere) tanto più lo si enfatizza fino al punto di dargli ulteriore realtà e legittimità. E’ un po’ il tema della profezia che si autoavvera, che non è affatto qualcosa di magico: è che se noi temiamo e crediamo che qualcosa che non ci piace possa accadere, di fatto mettiamo in atto comportamenti continuamente cautelativi verso l’evento, fino ad eccedere nel controllo anticipatorio dello stesso cosi ché proprio questo ci fa cadere nelle trappole che vorremmo evitare. 
Nei fatti però la mia professione mi porta continuamente a constatare che per quanto si sia orientati a fare “come se” non ci siano, almeno nelle organizzazioni di lavoro, concrete diversità nella valorizzazione delle risorse, queste si presentano sempre davanti agli occhi. Infine ho capito che valorizzare le differenze almeno in termini di investimento operativo, ha un senso perché:
• le problematiche di un certo rilievo nelle organizzazioni vengono portate alla luce dalle donne, non tanto perché le rilevano più di altri ma quanto perché hanno maggior coraggio ad esporsi nell’esplicitarle;
• i casi a più ampia sfaccettatura, nel management, nella formazione, nel coaching, sono femminili, soprattutto perché gli aspetti che le donne dirigenti portano in coaching riguardano anche i dettagli, non solo i risultati, consentendo quindi strade di soluzione più ricche e raffinate;
• nelle aule di formazione, nei percorsi di coaching e counseling, le donne sono capaci di parlare di sé senza separare i livelli, integrando quasi sempre aspetti personali e professionali;
• nelle aziende le donne entrano preparate a combattere: una vita fatta di discriminazioni fin dalla nascita e negli studi (“siccome sei una femminuccia, è meglio che tu faccia le magistrali”), può renderle più combattive e capaci di proteggere i loro diritti, e anche di esprimersi, qualora ne sia data loro la possibilità (i grandi fisici ed ingegneri oggi sono donne, mestieri considerati storicamente “da uomini”);
• infine le donne “capo” sono molto più capaci di guidare donne e uomini: sanno confrontarsi da pari con le prime e risultare, di solito, più accettate, poiché non necessitano di comunicazione manipolativa, e riescono ad essere persuasorie con i secondi proprio  perché sanno bene cosa voglia  dire comunicazione manipolativa!
Ho pensato allora di aprire qualche spazio personal-professionale in questo ambito, con l’obiettivo di supportare, per quanto possibile tramite un portale, lo sviluppo della professionalità “al femminile”. Il senso non è tanto quello di parlare di lavoro, quanto di parlare di se stesse come persone complesse, capaci di alternare ed integrare i ruoli che ci portiamo addosso ed avere vantaggio e “aggiunte” dall’ottimizzazione delle parti. Non vorrei essere conduttore, animatore o consulente ma più un facilitatore che aiuta a sviluppare dibattiti in questo ambito di confine, fra persona e professione, laddove l’anima di noi tutte può esprimersi al meglio, nella gestione dell’insieme e della complessità che rappresentiamo. Ecco dunque i temi che propongo:

1) Management al femminile
Il “talento al maschile” è storicamente presente nelle strutture aziendali come modello di riferimento e anche se negli ultimi tempi il concetto di diversità e una maggior attenzione al “talento al femminile” è diventato ambito di ricerca e di sperimentazione, non si è ancora arrivati con chiarezza, all’identità di “eccellenza  al femminile”, quella utile per produrre valore.
Storicamente lo spazio riservato alle donne nelle strutture è sempre stato limitato da una serie infinita di stereotipi e pregiudizi che ruotano intorno al fatto che “le donne non possono fare carriera”, perché:
• sono fragili: si emozionano, piangono, sono instabili e irritabili;
• mancano delle caratteristiche virili: non amano indurirsi, non mostrano determinazione, assertività, capacità di lottare e prevaricare quando serve;
• hanno limiti oggettivi a causa della loro natura specifica: partoriscono, allevano  i figli, perdono giornate lavorative e quindi faticano a presidiare due spazi rilevanti nello stesso periodo.

Le motivazioni citate e altre ancora hanno fatto si che nei ruoli di comando che contano, storicamente si sono trovate poche donne o, a conferma di questo, donne “maschili”. 
Il mercato però si va inasprendo, la possibilità di aumentare quote e redditi con i criteri tradizionali si fa difficile, gli spazi si riducono, le leadership traballano. In questa situazione di incertezza le doti “dure” del management non sono più coerenti con il momento: se si vuole gestire favorevolmente l’incertezza, bisogna farlo proprio con i caratteri usi a gestire l’incertezza nel quotidiano. Ci sono aziende che, riconoscendo questo, iniziano dunque a privilegiare:
• Adattabilità rispetto a rigidità
• Emozionalità oltre a pensiero razionale
• Capacità di contenimento anziché estroversione
• Ascolto invece che parola
• Persuasione al posto di assertività
• Morbidezza invece che competizione.

L’intento di questo post è di attivare un dibattito che metta in luce casi di successo di donne professioniste, che consentano di cogliere gli elementi dell’eccellenza al fine di trasferirli ad altre donne e anche agli uomini che sapranno coglierle e valorizzarle.
Ognuna può proporre un caso, critico, difficile, passato o in corso e le altre forniscono punti di vista, soluzioni, fanno domande per sapere e suggeriscono risposte per andare avanti. Insieme cerchiamo soluzioni e nuovi punti di vista, continuando ad interagire su ogni caso fino a quando la portatrice dello stesso non si senta soddisfatta del contributo.

2) Salotti virtuali
A volte ci si trova, fra amiche, per l’aperitivo, il tè, due chiacchiere in salotto. Si parla del più e del meno, si parte da lì.. Poi una comincia a raccontare dei suoi recenti studi sugli arabi… un’altra spiega come ha iniziato a costruire bijoux; una racconta della sua esperienza con il counseling.. Si fa silenzio ed è come se ancora ognuna avesse sete di sapere qualcosa da ciascuna delle altre. Quante cose sappiamo noi ragazze… solo che non le raccontiamo abbastanza, troppo prese a pensare all’ultimo lavoro lasciato, all’ex marito che non dà l’aiuto che dovrebbe, ai problemi dei bambini, ai genitori anziani di cui i fratelli non si possono occupare. Così mi è venuta l’idea di metterle in comune su questo spazio.
L’idea è: chi vuole racconta una sua esperienza importante che desidera mettere in comune, le altre intervengono domandando, rispondendo, aggiungendo, ampliando… In questo modo entriamo in contatto con conoscenze nuove, che magari ci piacerebbe acquisire ma che non si possono comprare. Ogni cosa è gradita, e gradevole in sé è il fatto che ogni donna abbia qualcosa da raccontare, che non sia il quotidiano da cui chi legge magari preferirebbe fuggire.
Chi ha voglia di lanciare il primo tema ed essere portatrice?

3) Pillole di counseling
Chissà quante volte ciascuna di voi che leggete ha pensato di avere bisogno di un supporto nella presa di decisione, nella soluzione di una criticità, nella riduzione di un disagio…..
Non molte hanno il coraggio e la volontà di andare in terapia e per la verità spesso neppure serve. Alcune hanno scoperto che esiste il counseling, una relazione d’aiuto che non serve a gestire la patologia, non la malattia ma può favorevolmente suggerire modalità di venire fuori da difficoltà relazionali, decisorie, di vita quotidiana.

La richiesta è la seguente: sicuramente fra le donne interessate a questo portale ci sono delle counselor, e ce ne saranno fra le varie realtà femminili che il portale segnalerà: mettiamo questa competenza al servizio di donne che vogliono crescere e che in assenza di altro, si terrebbero il disagio.
Io sono disponibile come counselor e coach, chi altra si candida?
Pensiamoci... Un abbraccio

1 commento:

  1. Grazie, cara Susanna, la tua proposta così articolata fa pensare a qualcosa di molto pensato e impegnativo, di sicuro cercheremo un modo di "sfruttarti" come si deve nel futuro portale, che speriamo potremo presentare entro l'estate.
    Intanto idee così propositive sono in grado di dare ispirazioni; l'importante è pensare sempre di più in termini di interazione e curiosità le une verso tutte le altre, è su questo terreno che possono davvero diventare possibili progetti come questi, con tutto quello che ne consegue. :-)

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