Secondo il giudice Marina Syrova (nessun tirapiedi accorto di alcun autoritarismo efficiente avrebbe mai scelto, in questo caso, un maschio; caso che infatti è stato oculatamente, giustamente, prudentemente affidato a una cosiddetta "rappresentante del genere femminile"); la giudice, dunque, ha ritenuto di condannare Nadezhda Tolokonnikova, 22 anni, Ekaterina Samutsevich, 30 anni, e Maria Alekhina, 24 anni, a 2 anni di lavori forzati per “teppismo motivato da odio religioso per quanto inscenato nella cattedrale di Cristo Salvatore”. E ha aggiunto: "La corte ritiene che gli obiettivi di punizione, restaurazione della giustizia sociale, correzione delle imputate e prevenzione di reati simili possano essere raggiunti solo in presenza di una pena in carcere che venga scontata interamente".
Ci voleva un prete, per far notare che “Le ragazze delle Pussy Riot sono state effettivamente condannate per un'accusa penale, ma in base a concetti morali ed etici”. Il che configura, semplicemente, un passaggio da uno Stato di diritto alla condizione di Stato fondamentalista; spazzandone così implicitamente la Costituzione e minando tutto l'impianto del (teorico) apparato democratico. E a maggior ragione il precedente che si crea è di importanza capitale, perché non si produce in un caso “minore”, ma in un processo di rilevanza internazionale che vede tutti i riflettori e la stampa di tutto il mondo puntati sulla Russia.
In altre parole, un golpe.
Ma la suddetta stampa, insieme a cronache banali (prive in genere di tutti gli atti del processo di vero interesse) non sembra capace di andare oltre al soffermarsi sul bell’aspetto delle ragazze, e a esprimere un vago senso di raccapriccio, o compassione, o di leggera indignazione per la “severità della sentenza”.
nb • ai commenti a questo post, che riporta le dichiarazioni di Maria al processo:
RispondiEliminahttp://laretedellereti.blogspot.it/2012/08/pussy-contro-putin-parla-maria.html
trovate una discussione sulle posizioni delle Pussy Riot e sul loro ruolo politico
Ostracism, from Greek: ostracismós: in ancient Athenian democracy it was a legal institution that punished with exile whoever was "considered a danger for the city". In terms of attachment and social relationships ostracism takes place by excluding someone from society, or from a social group or community; and thus annihilating them.
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