martedì 21 febbraio 2012

Parla Paola Zaretti

Ciao a tutte. Un Grazie di cuore, innanzi tutto, alle ideatrici di questo intelligente e appassionante progetto per le opportunità di conoscenza e di crescita che offre a ciascuna/o. Ho respirato, nell’entrare in questa “casa” un’aria antica e nuova. E, accettando il vostro invito, vorrei parlarvi brevemente di un’altra “casa”, Oikos-bios, Una casa per tutte/i e per nessuna/o (a dire di una logica di non-appartenenza), un Centro Filosofico di Psicanalisi di Genere Antiviolenza che ho deciso di fondare a Padova, assieme ad altre poche anime ardite, nel 2006, per la cura della sofferenza femminile e maschile (anoressia/bulimia, attacchi di panico, alcoolismo, droga). 
Pur non avendo consapevol-mente-in-mente presente, in quel momento, 'La Società delle Estranee' descritta da Virginia Woolf ne Le tre Ghinee, certo è (a posteriori lo posso dire con certezza) che in questa decisione, presa quasi mio malgrado e “a mia insaputa”, fu il mio “inconscio” a reclamare a gran voce e con  prepotenza la sua parte.
Sino al punto di avere la meglio sulla mia estraneità a una “Scuola” di psicanalisi che, pur autoproclamandosi diversa dalle altre di stampo ortodosso, riproponeva al suo interno (con alcune altre aggravanti su cui taccio per pudore) le stesse logiche gerarchiche (Maestri-allievi/e), le stesse dicotomie paranoiche (amici-nemici, fedeli-infedeli), gli stessi deprimenti cerimoniali che si ripetono con infinite varianti, in tutti i luoghi simbolici costruiti dal maschile a misura d’uomo. L’esigenza, sempre più pressante e non più eludibile, di uscirne e di dar vita a un’Associazione diversa (e non a scopo di lucro!), nasceva dunque da un’esperienza personale di frequentazione, diretta e indiretta e per molti anni, di strutture psicanalitiche tradizionali o sedicenti “rivoluzionarie” (lacaniane), fondate da uomini. E anche dalla constatazione dell’inesistenza, in Italia, di luoghi di ascolto e di cura impostati a partire da una teoria e da una pratica capaci di tenere nel dovuto conto l’importanza della Differenza - irriducibile - fra uomo e donna, negata in quelle “Scuole”, in nome di una “neutralità” indifferenziata - peraltro dichiarata e tristemente praticata. Nessuna traccia in quelle “Scuole”- costantemente angosciate e pressate, in cambio di qualche riconoscimento, dalla necessità di mostrare il loro fedele servaggio a una “clinica” di stampo medico-psichiatrico - di una formazione al “pensiero della differenza” teorizzato di Luce Irigaray (cacciata dall’Ecole Freudienne di Lacan per “mancata fedeltà a un solo discorso”). Nessuna traccia di una formazione interessata a tener conto e ad avviare un confronto con gli importanti contributi di pensiero filosofico prodotti dal femminismo nazionale e internazionale negli ultimi trent’anni. Tale assenza - un misconoscimento sistematicamente voluto e perseguito nei loro programmi “formativi”, avrebbe avuto sulle donne effetti meno alienanti se alla psicanalisi non si fossero rivolte - allora come ora e come fu, “in principio” - proprio e quasi esclusivamente le donne.
Uno di questi effetti “formativi” di omologazione delle donne al modello mascolino, è la quasi scomparsa dell’”isteria” (la cui domanda: “Sono  un uomo o una donna?” è figlia di quel “grave errore” (Praetorius) insito nell’ordinamento simbolico) e l’aumento vertiginoso del numero di donne sempre più affette da quella sofferenza tipicamente maschile che è la nevrosi ossessiva.
Di qui una prima domanda: Può davvero una psicanalisi la cui dottrina e la cui pratica risentono pesantemente del vecchio e ben noto modello fallologocentrico di stampo patriarcale, “curare” donne e uomini e produrre quelle trasformazioni  soggettive necessarie per reimpostare su basi nuove e diverse la relazione uomo donna dalla cui bipartizione nascono tutti gli altri problemi?
“Dove ci conduce il corteo degli uomini colti?”- si domandava Virginia ne Le tre Ghinee - e, soprattutto, “Abbiamo voglia di unirci a quel corteo, oppure no?” “Cosa sono queste professioni e perché dovremmo diventare ricche esercitandole?” E ancora, vogliamo forse “indossare certe uni-formi” e portare attorno al collo la scritta “per Dio e per l’Imperatore come l’indirizzo sul collare di un cane?”. Ebbene, credo che la nascita di Oikos-bios, il suo stile di funzionamento, le sue finalità etiche sociali e politiche e l’impostazione del lavoro teorico e pratico centrato sul pensiero della Differenza di Irigaray, siano la migliore risposta agli interrogativi posti da Woolf che ciascuna di noi, scegliendo un’altra via - la via della decostruzione di una disciplina - ha riproposto a se stessa. Ma ci sono altre domande a cui bisognerà dare, prima o poi, una risposta: perché il pensiero di Irigaray - che oltre ad essere una filosofa è una psicanalista - accolto, utilizzato, elaborato e diffuso in Italia dalle filosofe e dalle teoriche del femminismo  è stato per lo più ignorato dalle psicanaliste? Perché non sono mai nati in Italia Luoghi simbolici di cura e di formazione psicanalitica fondati da donne impegnate a diffondere le opere di Irigaray e di altre donne psicanaliste (Kristewa, Benjamin, per nominarne alcune soltanto) e a favorire, nei confronti della dottrina psicanalitica quella necessaria opera di decostruzione attuata dalle filosofe in ambito filosofico?
Una cosa è certa: “la cura” delle donne è oggi affidata nelle mani di uomini - e donne - portatori di un sistema di pensiero malato incapace di curare, prima che altre/i, se stesso. E per far sì che questa cura abbia finalmente inizio c’è, come ho detto altrove, un solo modo: affamare il patriarcato. Abbandonare i Luoghi tradizionali di “ascolto” e di “cura” in cui è assente una specifica formazione “di genere” e creare Luoghi da cui distogliere lo sguardo dalle “patologie” femminili  per rivolgerlo alla sofferenza maschile e ai continui “agiti” criminosi nei riguardi delle donne che da tale sofferenza  quotidianamente nascono.
Paola Zaretti
Centro Filosofico di Psicanalisi di Genere antiviolenza



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