Carissime amiche, ci è stato chiesto di parlare di Ancona e di parlare del nostro ‘metodo’... In quel momento abbiamo capito di averne uno e di essere riuscite, in questi mesi, a costruire una architettura del nostro stare assieme che presenta spunti di un qualche interesse.
Innanzitutto vorremmo precisare che il 13 febbraio è stato sì un punto di partenza ma anche un punto di arrivo nella nostra città. Un punto di partenza perché ha aperto, come in molte altre situazioni, una stagione nuova, in qualche modo.
Innanzitutto vorremmo precisare che il 13 febbraio è stato sì un punto di partenza ma anche un punto di arrivo nella nostra città. Un punto di partenza perché ha aperto, come in molte altre situazioni, una stagione nuova, in qualche modo.
Un punto di arrivo perché ha raccolto il portato di anni e anni di militanza, di presenza, di sguardi, di coerenze, di battaglie e di vittorie (e anche di dolori e di sconfitte) dei gruppi femminili e femministi che hanno operato e operano nella nostra zona, della presenza di voci singole, di narratrici del pensiero, della storia e della passione delle donne in quel modo tutto particolare e tutto nostro che abbiamo di riunirci e riallontanarci e di nuovo ritrovarci assieme. C’era già fermento nel nostro universo di donne, grandi manifestazioni avevano visto il movimento mobilitarsi a difesa dei diritti, dei corpi e della autodeterminazione.
Quando dunque leggemmo l’appello che invitava a scendere in piazza il 13 ci dicemmo ‘perché no? Perché non provare anche qui?’ Ancona non è una piazza facile, raramente le iniziative raccolgono un gran seguito. Eppure ci mettemmo di impegno, creammo un evento in internet, affidammo la proposta alla rete. In una settimana avevamo raggiunto le 1000 adesioni e oltre 5000 contatti. In piazza contammo circa 7000 persone, un risultato insperato.
Il ‘dopo’ non fu facile. Perché all’inizio c’era la distanza del non conoscersi poi così bene, la diffidenza verso i simboli, la diffidenza verso chi diffidava dei simboli. Litigammo anche, moltissimo e duramente ma restammo in piedi.
Il gruppo, abbastanza nutrito per la nostra città, conta circa 40 presenze effettive e raggiunge sui 500 contatti costanti. Ma la cosa importante è che abbiamo trovato un linguaggio comune, uno sguardo comune, una interpretazione della realtà abbastanza omogenea.
Abbiamo sempre voluto che il nostro gruppo lavorasse in modo condiviso e molto ci muoviamo in rete. Lì, soprattutto sulla nostra bacheca di face book, discutiamo, ci confrontiamo, ci aggiorniamo, scherziamo, anche, litighiamo qualche volta e ci riconciliamo.
Dal 13 febbraio ad oggi ci siamo pronunciate su molti argomenti, ogni volta facendo esercizio di confronto e democrazia. Siamo intervenute sulla Unita d’Italia e sulla difesa della costituzione, siamo intervenute a manifestazioni sindacali portando la nostra voci e le nostre priorità, abbiamo organizzato iniziative quali la manifestazione ‘tra pace e guerra-voci di donne’ dove abbiamo cercato di dar conto dello sguardo di genere per la risoluzione dei conflitti, ci siamo rese parte attiva nella battaglia per i referendum, siamo intervenute ogni volta che potevamo e come potevamo portando la voce del nostro comitato. Ci siamo attivate su battaglie nazionali e su battaglie locali.
Abbiamo costituito un coordinamento che rendesse il nostro lavoro più funzionale e dei gruppi di lavoro che servissero ad intervenire su questioni di carattere specifico individuandone alcune di maggiore urgenza: il funzionamento dei servizi sociali, il lavoro, la scuola, la salute e la tutela delle donne.
Ma abbiamo ragionato anche di territorio e ci siamo mosse per cercare di dare il nostro contributo, anche se piccolo, su una questione che pende come una mannaia sul capo di anconetani e falconaresi: un impianto di rigassificazione a pochi kilometri al largo delle coste delle nostre città.
Da ultimo siamo intervenute sul piano socio sanitario che è diventato uno dei temi di battaglia sia provinciale che regionale del nostro gruppo e che ci vede al momento impegnate in una trattativa sulla base di una piccola piattaforma di 10 punti che riteniamo il minimo sindacale rispetto a sanità e sevizi.
Il nostro coordinamento è fatto di quelle che riescono ad impegnarsi di più per tempo, per disponibilità, per vicinanza fisica, per situazione familiare.
Ma non vogliamo che questa disponibilità diventi un ghetto. Insistiamo perché ci sia un ricambio, perché ci sia una rotazione costante. Facciamo in modo che mai una persona intervenga a nome del comitato per due volte di seguito in situazioni pubbliche. Vogliamo che di noi si vedano i volti di tutte, vogliamo essere un coro e non qualche solista. Quando organizziamo una iniziativa creiamo un apposito gruppo che se ne occupa dalla A alla Z, non vogliamo ritrovarci coi tristi ruoli dell’addetta alla stampa dei volantini e l’intellettuale. Le nostre riunioni sono aperte a tutte e ogni volta invitiamo tutti i nostri contatti presenti in rete sia con fb che con la nostra mailing list.
Con questo spirito e con questo bagaglio siamo andate all’incontro di Siena; col desiderio e la prospettiva di uscire da quelle due giornate con i lavori avviati per la creazione di un coordinamento nazionale che facesse da contenitore di tutte le esperienze, alla pari, ogni territorio egualmente coinvolto nei processi di organizzazione e decisione delle priorità.
Ma non si è mosso ancora nulla. E risultati concreti purtroppo a casa ne abbiamo portati pochi.
Però vogliamo essere fiduciose e propositive. Ci piace l‘idea di avere un contenitore che raccolga le moltissime realtà femminili del nostro paese. Che sia la rete delle reti o snoq noi siamo qui per lavorare.
Comprendiamo anche come sia difficile il raggiungimento di una vera autonomia, della rinuncia alla delega (intesa come passaggio ad altre della responsabilità del lavoro) e come il principio di essere tutte uguali, ma davvero, all’inizio dia quasi smarrimento. Ma ci siamo, per fare.
Sentiamo però l’urgenza della concretezza. Avere spinto lo sguardo così lontano e su così tante questioni ci ha dato la possibilità di constatare quanto siano davvero drammatiche le condizioni in cui versano le strutture del nostro paese, le condizioni di vita delle gente e dei soggetti deboli, delle donne.
Ancona è una città in cui c’è imponente presenza di servizi e terziario, settori entrambi a grande componente femminile. In particolare nel commercio le donne si trovano in uno stato di isolamento che certamente non favorisce la possibilità di coesione e di organizzazione.
Le difficoltà della vita quotidiana, la sovrabbondanza di ruoli di cura, l’isolamento rendono difficile la possibilità di raggiungere quella compattezza che è l’unica garanzia di successo quando si intendono portare avanti istanze che necessitano un buon potere contrattuale.
Questo ci dice che dobbiamo riuscire a creare nuove strategie che ci consentano di conquistare una rete urbana efficiente di collegamento e confronto. E il passo successivo è fare poi in modo che questa rete si estenda alla provincia e alla regione per poter offrire coerenza e trasparenza a noi stesse e alle altre donne. Il problema è ovviamente il paradosso nel quale siamo imprigionate. Per riuscire, infatti, ad affrontare e combattere i nostri problemi partendo dai mezzi di esercizio democratico che il paese si è dato dovremmo prima eliminare quei problemi che ci impediscono – tra le altre cose – di partecipare all’esercizio della democrazia.
Ragionare per ‘genere’ in questo senso non è semplice e così ci troviamo nella situazione paradossale APPUNTO in cui le donne per affrontare, ad esempio, il grave problema della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, avrebbero bisogno proprio di quel tempo che però lavoro e cura sottraggono loro.
In questo senso rete e contenitori nazionali non possono che dare forza e impulso alle battaglie locali così come le battaglie locali sono VITALI perché contenitori ad ampio raggio possano riempirsi di contenuti REALI, consapevoli e condivisi rimettendo assieme quella sorta di gioco ad incastro che sono le aggregazioni locali. Tutte queste cose insieme, si, possono arrivare a formare un disegno che – questo sì – potremo finalmente chiamare ‘rete delle reti’.
QUI (ndr): vi segnaliamo anche UN INTERESSANTE PEZZO di Marina Barausse, del Comitato Snoq di Ancona, pubblicato sul sito di "Se non ora quando". Ve lo segnaliamo perché tocca il tema del "rapporto tra snoq e le altre realtà femminili, che a Siena erano presenti e che speravano che 'fare rete' significasse fare rete tutte insieme, snoq come massimo comune denominatore..."
QUI (ndr): vi segnaliamo anche UN INTERESSANTE PEZZO di Marina Barausse, del Comitato Snoq di Ancona, pubblicato sul sito di "Se non ora quando". Ve lo segnaliamo perché tocca il tema del "rapporto tra snoq e le altre realtà femminili, che a Siena erano presenti e che speravano che 'fare rete' significasse fare rete tutte insieme, snoq come massimo comune denominatore..."
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RispondiElimina"Parla Giuliana Brega, SNOQ Ancona". And I do have a
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