La forma movimento nella rete delle reti
Da sempre i movimenti si interrogano sulle modalità di costruzione della propria forma, che, come sappiamo, ha implicazioni ben più sostanziali di quanto la parola vorrebbe definire. Perché la forma della democrazia è fondante e sostanziale, perché i modi della relazione fra entità dotate di propria autonomia e specificità sono determinanti nella crescita e nella buona salute degli stessi. Esiste uno specifico delle donne anche nella costruzione della forma-movimento? E, ancora, quanto la forma network può rispondere ai bisogni di un movimento in fase di costruzione? Queste sono alcune delle domande cui tenteremo di dare risposta, o, come preferirei, di cominciare a rispondere in modo dinamico.
Il primo dato da osservare è la natura del movimento delle donne in questa fase. Abbiamo assistito ad un movimento potentissimo (SNOQ, il 13 febbraio), ma di natura reattiva. Abbiamo risposto come anticorpi scatenati ad un’infezione virale che attentava alla nostra sopravvivenza. L’andamento successivo, però non ha dato i frutti di continuità che tutte avremmo sperato. E questo non perché le piazze non abbiano risposto adeguatamente, non è credibile immaginare di ripetere certi exploit, ma perché, malgrado esperienze fondanti come quella di Siena, non è nato un vero e proprio movimento strutturato, capace di permeare la società nelle sue molteplici articolazioni.
Va detto, e tenuto ben presente, che darsi forme organizzative rigide, in un movimento allo stato embrionale, può essere controproducente. Siamo donne, sappiamo che uno dei punti di forza dell’attività di cura e di educazione, quella che “fa crescere”, è la capacità di ascolto e accoglienza. Un movimento che, come un adolescente, sa esprimere insieme momenti di potenza quasi nucleare e assenze assolute, va, prima che imbrigliato, ascoltato. Immagino incontri territoriali periodici, in cui costruire e/o rafforzare i legami fra i nuclei di donne che si sono costituiti o si costituiranno su temi specifici o a carattere generalista. Incontri che rappresentino un link fra chi è già organizzata e una casa aperta per le molte donne che in questa fase non lo sono.
Ci siamo incontrate sul Web, dove tutti e tutte hanno ormai il diritto/dovere di prendere uno spazio. Le più giovani fra noi sono connaturate al web in modo strutturale, la forma un po’ liquida del network permea tutti i loro comportamenti. A loro non dobbiamo certo insegnare i modi di costruzione di una rete, sulla ragnatela si muovono con agio assoluto. I pregi della struttura network sono evidenti: fare rete consente di andare da A a B per ennemila strade, se si chiude una porta non è difficile aprirne altre, basta fare un giro differente. Inoltre la rete è per sua natura paritaria e orizzontale, quindi apre e non chiude spazi, è, per tornare al primo assunto, donna.
Noi meno giovani, però, quelle con esperienza di femminismo in particolare, conosciamo pure l’immensa importanza dell’approfondimento e della relazione materiale come base di un movimento delle donne, il potere durevole della costruzione di un’idea, versus la volatilità dell’espressione di un’opinione.
Questa la sfida: ripristinare la trasmissione di saperi ed esperienza fra generazioni di donne e trasformarle in organizzazione. Evitiamo, se possibile, di accettare acriticamente i modi e gli stili che gli uomini, per millenni hanno prodotto e vanno reiterando, così spesso inutilmente gerarchici. La gerarchia è una cosa seria, usiamola quindi il meno possibile, solo quando è utile e finalizzata a controllare una delega esplicita e dichiarata (perché le deleghe implicite e gli apparenti unanimismi sono un po’ pericolosi, schiacciano e fanno restare bambini). La parola a noi, io ho detto la mia e ho una gran voglia di ascoltare.
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