lunedì 30 gennaio 2012

Parla Iole Natoli

Con questo intervento sottopongo alla Rete delle reti il tema dell' 'Iter del cognome materno in Italia nei regimi di matrimonio e di convivenza', e la disponibilità del mio gruppo a collaborare col portale su questo tema.
Ci è capitato più di una volta di chiederci in quale modo una di noi reagirebbe, se il conducente di un bus le dicesse: “Non puoi sedere in un posto anteriore come gli uomini, A TE spettano solo quelli in fondo”. Ritenendo, a ragione, che in Italia non sia possibile permettersi questo, reagirebbe con una bella denuncia. Però non facciamo altrettanto con lo Stato che impedisce a ogni donna coniugata di registrare con il suo cognome i figli, partoriti in prima persona da lei.
Questo nostro gruppo, nato su fb nell’aprile 2010, intende opporsi con determinazione e con forza al perdurare di una discriminazione di genere, colpevolmente operata dallo Stato.

Ne è stata fondatrice Iole Natoli, che avendo scritto fin dal giugno 1979 sul cognome materno e formulato un progetto di legge sul doppio cognome  - portato a più riprese a conoscenza di buona parte della sinistra parlamentare italiana, avviò nel 1980, a Palermo, una causa civile contro lo Stato, la prima che affrontasse l'argomento. Con quell'atto sollevava eccezione di costituzionalità dell'art. 237 comma 2 del codice civile e chiedeva l'aggiunzione del suo cognome a quello già posseduto dalle figlie. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 1982 dichiarò non fondata l’istanza, che pertanto non giunse alla Corte.
A quella causa ne seguirono altre, che, vincolate al regime matrimoniale, non ebbero risultati positivi.
Come ha affrontato Corte Costituzionale il problema? Con sentenza del 2006, bocciava come in altre occasioni la richiesta di una coppia sposata, invitando però il Legislatore a modificare la situazione in atto, incompatibile con la “Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne”, adottata dall’ONU il 18.12.1979 e ratificata dall’Italia nel 1985. 
E il Parlamento? Nell’ottobre del 1979, la socialista Maria Magnani Noya presentava alla Camera il primo progetto di legge per la modifica del sistema patrilineare. La proposta non fu mai discussa. Non ne furono discusse neanche altre presentate alla Camera e al Senato. Al momento attuale, abbiamo 2 proposte di legge sul cognome ferme al Senato e altre 6 alla Camera, prossime anche queste a decadere per la fine imminente della legislatura. Il tutto benché il Consiglio d’Europa fin dal 1978 abbia invitato più volte gli Stati membri a cancellare ogni discriminazione basata sul sesso, nelle regole che determinano il cognome della famiglia e dei figli.
Il Gruppo “ITER DEL COGNOME MATERNO IN ITALIA nei regimi di matrimonio e di convivenza” sostiene che il diritto al cognome materno di figlie e figli debba essere posto tra i Principi fondamentali di una Carta dei Diritti delle Donne, come il diritto al lavoro figura tra i Principi fondamentali con cui si apre la Carta Costituzionale della Repubblica, e ritiene che tale lotta specifica, per la tutela della dignità delle donne e dello sviluppo umano della prole, sia da iscrivere in un progetto unitario comune.
Come appare fin troppo evidente, non basta affidarsi solo al Parlamento e non basta che singoli soggetti affrontino azioni legali coraggiose, predestinate però al fallimento. Grazie alle varie esperienze precedenti, è divenuto possibile oggi approntare azioni multiple precise, che attacchino il tallone d’Achille del sistema, che esiste e che va dunque utilizzato. Prima possibilità, con un'istanza avviata da qualche madre i cui figli, essendo nati da più unioni matrimoniali, non sono uniti e resi pari tra loro da un cognome di famiglia comune. O - altra via - con l'istanza di una qualche coppia convivente, che dopo aver dato entrambi i cognomi al primo figlio si sposasse, generasse daccapo e presentasse richiesta di entrambi i cognomi per il secondo, nato stavolta in regime matrimoniale. Pretenderebbe in un caso del genere lo Stato che di due fratelli, nati dagli stessi genitori, avesse il doppio cognome uno soltanto?
I Convegni sono preziosi e necessari, ma sarebbero del tutto insufficienti se i diversi problemi delle donne dovessero essere discussi e sviscerati solo in taluni centri del sapere. I mezzi tecnologici già esistono: spot televisivi e video, da rendere ben visibili per Internet e che evidenzino in modo breve e chiaro il problema, sono gli alleati migliori cui ricorrere. Con il sostegno economico, s’intende, che il Ministero e gli Assessorati delle Pari Opportunità hanno motivo e modo concreto di dare. 
È sufficiente coordinare gli sforzi, scegliere i linguaggi mediatici appropriati, investire economicamente nelle idee, perché il FUTURO DELLE DONNE sia ADESSO. (Vedi QUI il testo completo).



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