lunedì 30 gennaio 2012

Parla Raffaella Costi

Specchio,  specchio delle mie brame... per la Rete delle  reti, una riflessione sul rapporto delle donne con i partiti e la  politica
1) Gli ultimi vent'anni almeno hanno visto l'arretramento del movimentismo femminile, a favore di una più marcata presenza delle donne all'interno dei partiti.
Non è stato un processo indolore quello che ha permesso loro di attestarsi nei partiti ed i risultati, sia pure variamente differenziati sul territorio nazionale, nella maggior parte dei casi rappresentano le donne in posizioni mediane e ben distanti da autentiche assunzioni di potere; rarissimi poi sono i casi in cui, da posizioni di potere, le donne abbiano ampia facoltà di intervento sulle questioni femminili.
Ciò avviene tanto nei partiti di sinistra, che in quelli di destra.



2) I partiti, nella loro strutturazione odierna, da ormai un trentennio, si sono posti fuori dal dettato costituzionale, che recita: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale."
La Costituzione non prevede affatto né il sistema partitocratico che si è reso visibile in Italia fin dagli anni '80 (e intorno al quale si aprirono i primi dibattiti sulla "questione morale"), né valuta come accettabile il sistema di corruttele che ha intriso i partiti e, successivamente, le istituzioni.
I partiti, cosÏ come sono, andrebbero dunque profondamente riformati, sia dal punto di vista strutturale, che da quello dei contenuti, ma sarebbe una evidente assurdità immaginare che una tale riforma possa giungere da chi ha contribuito a generare le storture e i danni che al Paese sono venuti dalla partitocrazia. Né, va detto con chiarezza, la presenza delle donne nei partiti può rappresentare alcuna garanzia di riforma, se si assume come vero che quella presenza sia sostanzialmente di "fringe" e di estesa marginalità, pur dando atto alle donne di svolgere, anche nei partiti, il lavoro "più pesante e meno remunerativo", politicamente parlando.
Infine, occorre evidenziare l'antistoricit‡ dei partiti odierni, in un mondo che va sempre più sottolineando i bisogni individuali e collettivi di partecipazione e giusto protagonismo nelle scelte. Quei bisogni non potranno essere soddisfatti che da associazioni, costituite o meno in partiti, di tipo "leggero" e di grande flessibilit‡. Dalla logica del partito verticista Ë la storia degli ultimi dieci anni ad insistere perchË si esca, per andare verso un modello democratico di aggregazioni su interessi diffusi; non accettare questo genere di realt‡ significa porsi come perdenti rispetto agli eventi che nel mondo intero, e non soltanto nel Paese, stanno accadendo, sulla via di una radicale modifica dell'esistente.

3) Ricordare la Storia significa costruire la propria identità e nel cercare un'identità collettiva di genere non si possono dimenticare le eccezioni mosse da donne come Simone Weil o Ipazia di Alessandria, circa la propria adesione a partiti ed associazioni di massa. 
Ambedue si negarono a questa possibilità, sostenendo che, partecipando, non avrebbero più potuto affermare le "loro" verità. Erano le "verità" che le donne intimamente condividono e che raramente riescono a trovare soddisfazione piena all'interno dei partiti: se cosÏ non fosse, ne avremmo ampie prove dalla linee politiche tenute dai partiti. Le "verità" femminili sono scomode per i partiti, che hanno bisogno invece di un'adesione a logiche maschili totalizzanti, dove sempre prevalgono la competizione e una visione del mondo che poco o nulla ha che fare con lo sguardo e l'angolazione di visuale delle donne.

Ebbene, occorre un luogo dove le donne possano affermare le proprie verità e su quelle misurarsi tra di loro, ma non puÚ trattarsi di un luogo comunque subalterno alla visione maschile della politica. Occorre che le donne si diano una possibilit‡ di riprendere insieme il cammino, nella certezza che il separatismo deve essere il momento privilegiato di dibattito, ma non il solo. Occorre allora che le donne costituiscano un proprio autonomo movimento, capace di trasmettere alle giovani la Storia delle donne e di rendere tutte protagoniste di un rinnovarsi della presenza femminile dentro un quadro politico cosÏ isquallidito e tristo, da essere prossimo al collasso.
Che le donne entrino in campo quando il Paese e il mondo stesso sono nei guai fa parte della Storia. Dunque bisogna scendere in campo, con l'idea precisa di apportare modifiche radicali alle politiche complessive del Paese e non semplicemente a difesa delle poche leggi o delle poche azioni che nel Paese si sono mosse verso le donne. Occorre finalmente pensare ad idee di "grande formato" ed essere capaci, tutte, di spendere su quello un impegno costante e in crescendo, per arrivare a costituire un blocco in grado di fermare lo scempio del Paese e delle donne.
Il solo strumento possibile è una Lista delle donne, capace di presentarsi alle elezioni, amministrative e politiche, costruita nella trasparenza e nel consenso basato sul coraggio. Solo questo metterebbe finalmente all'angolo i poteri politici asserviti a quelli economici e religiosi, perché di tutti quei poteri noi siamo prede, se è vero che rappresentiamo il premio che quei poteri concedono agli uomini, per consentire loro di accettare la sconfitta.
E' tempo di rifiutare quel ruolo e di affermare che non vogliamo essere né prede, né cacciatrici, perché la nostra logica è differente e non prevede la prevaricazione e perché l'inesplorato universo dello sguardo femminile "sa" perfettamente come distribuire il cibo sulla tavola. Il cibo della politica può diventare il pranzo con cui sfamare i bisogni democratici. 
Dunque.. in cucina, donne!

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